Il chirurgo e le infezioni. Qualcosa dobbiamo fare!

Nel Dicembre 2017 l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha pubblicato un report sulla prevenzione e il controllo della antibiotico-resistenza in Italia [1]. Il report riassume  visite e riunioni che gli esperti dell’ECDC hanno avuto in Italia dal 9 al 13 gennaio 2017 per discutere e valutare specificamente la situazione nel paese in materia di prevenzione e controllo della antibiotico-resistenza in Italia. Le osservazioni di questa visita da parte dell’ECDC confermano che la situazione dell’antibiotico-resistenza negli ospedali italiani rappresenterà nel prossimo futuro una grave minaccia per la salute pubblica per il paese.

Gli esperti dell’ECDC rilevavano:

  • Poca percezione dell’attuale situazione dell’antibiotico-resistenza da parte della maggior parte degli interessati e una tendenza di molti di essi a evitare di prendere in carico il problema;
  • Mancanza di sostegno istituzionale a livello nazionale, regionale e locale;
  • Mancanza di leadership professionale ad ogni livello;
  • Mancanza di responsabilità ad ogni livello;
  • Mancanza di coordinamento delle attività tra e all’interno di tutti i livelli.

Se, da una parte, è discutibile come in cinque giorni gli esperti dell’ECDC possano inquadrare con esattezza i nostri comportamenti verso l’antibiotico-resistenza, sono assolutamente indiscutibili gli alti tassi di antibiotico-resistenza che abbiamo in Italia (probabilmente i più alti in Europa) e la scarsa percezione che abbiamo verso tale problema.

Nel 2017 una dichiarazione mondiale per l’uso appropriato dei farmaci antinfettivi nel corso dei percorsi clinici chirurgici è stata condivisa e firmata da più di 230 esperti di 83 nazioni di tutto il mondo [2]. Con questa dichiarazione gli Autori evidenziano il rapporto causale tra uso incongruo degli antibiotici e l’antibiotico-resistenza, confermando come gli antibiotici, sia come profilassi sia come terapia, debbano essere somministrati sulla base di rigorosi principi clinici.

Anche se non descritta in dettaglio nella dichiarazione, è di grande importanza la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, anche note con l’acronimo inglese di HAIs (Healthcare-Associated Infections) [3]. Esse includono le infezioni del sito chirurgico, le infezioni urinarie correlate al catetere vescicale, le batteriemie correlate ai cateteri venosi centrali, le polmoniti nosocomiali e le infezioni da Clostridium difficile. Una buona parte delle HAIs potrebbero essere prevenute se venissero rispettate delle semplici pratiche di best practice.

Le infezioni del sito chirurgico (Surgical Site infections – SSIs) sono la forma più comune di HAIs nei pazienti chirurgici e rappresentano la prima causa di morbilità, mortalità e prolungamento del ricovero. Le SSIs, inoltre, hanno un impatto fortissimo sull’economia sanitaria di ogni paese del mondo. La Organizzazione Mondiale della Sanità [4] ha di recente pubblicato le linee guida per la prevenzione delle SSIs con misure chiare e con evidenze forti che purtroppo sono spesso disattese da parte dei chirurghi.

La profilassi antibiotica rappresenta un momento critico e fondamentale nella prevenzione delle SSIs tanto che il suo uso da solo, rappresenta una notevole porzione della quantità totale degli antibiotici utilizzati in tutti gli ospedali del mondo.

La profilassi antibiotica è una misura importante a forte impatto nella prevenzione delle SSIs, che non può tuttavia sostituire la corretta pratica clinica di prevenzione e controllo delle infezioni. Il suo uso deve essere dettato dalle indicazioni specifiche, descritte e condivise in tutto il mondo per evitare incrementi di costi, tossicità e sviluppo di fenomeni di antibiotico-resistenza. Non c’è nessuna evidenza in letteratura che il proseguimento della profilassi antibiotica dopo l’intervento possa ridurre il tasso di SSIs. Purtroppo percentuali altissime di antibiotici usati inappropriatamente come profilassi e continuati dopo l’intervento, continuano ad essere riportati nella letteratura scientifica mondiale [2].

Le terapie antibiotiche sono momenti chiave nella pratica clinica quotidiana del chirurgo nel trattamento delle sindromi infettive addominali, sia comunitarie che nosocomiali, e delle infezioni correlate all’assistenza. E’ chiaro a tutti che gli antibiotici salvano vite ma è anche noto che, in molti casi, essi vengono utilizzati in maniera inappropriata nell’indicazione, nella scelta del farmaco e nella durata della terapia. Il cattivo uso della terapia antibiotica favorisce lo sviluppo di antibiotico-resistenza. Nel momento della prescrizione di una terapia antibiotica il chirurgo ha una doppia responsabilità: curare in maniera ottimale il paziente e preservare la potenzialità curativa stessa degli antibiotici senza creare fenomeni di antibiotico-resistenza od effetti collaterali come l’insorgenza di un’infezione da Clostridium difficile [2].

Riguardo l’uso degli antibiotici, la classe medica in generale, e chirurgica in particolare, ha abitudini e pratiche cliniche radicate nella formazione iniziale e dalla pratica clinica stessa. Risulta, così, difficile cambiare tali abitudini così profondamente radicate e strutturate. Diagnosi non sempre sicure, paura di un fallimento terapeutico e di eventuali ripercussioni medico-legali, pressione temporale ed ambientale sulle decisioni cliniche, contesti lavorativi non ottimali e malstrutturati complicano moltissimo l’elaborazione di un percorso clinico corretto ed adeguato. Inoltre il fenomeno della dissonanza cognitiva (riconoscere un’azione migliorativa ma non applicarla) porta a scegliere “bugie” confortanti piuttosto che “verità” scomode [2].

Individuare dei chirurghi “champion” o dedicati alle infezioni che possiedano maggiori conoscenze nella prevenzione e nella gestione delle infezioni potrebbe essere importante per la crescita di tutto il team con cambiamenti di comportamenti, e potrebbe favorire il contatto con la microbiologia, con lo specialista di malattie infettive, con il farmacista ospedaliero  e con il team del controllo delle infezioni, che dovrebbe sorvegliare l’epidemiologia locale dell’antibiotico- resistenza negli ospedali.

Noi crediamo che il concetto del “chirurgo dedicato” possa essere utile nel miglioramento del percorso clinico delle infezioni in chirurgia, dalla prevenzione alla gestione clinica. Ma soprattutto crediamo che il problema dell’antibiotico-resistenza sia un problema di natura globale ed ognuno di noi  debba sentirsi responsabile di fronte a questa emergenza.

Massimo Sartelli

Fausto Catena

Federico Coccolini

Francesco Cortese

Francesco Di Marzo

Cristian Tranà

 

Bibliografia

  1. ECDC country visit to Italy to discuss antimicrobial resistance issues. https://ecdc.europa.eu/en/publications-data/ecdc-country-visit-italy-discuss-antimicrobial-resistance-issues
  2. A Global Declaration on Appropriate Use of Antimicrobial Agents across the Surgical Pathway. Surg Infect (Larchmt). 2017 Nov/Dec;18(8):846-853.
  3. Itani KMF, May AK. Surgical Infection Society: We Endorse Antimicrobial Stewardship We Stand by Our International Colleagues and Societies in the Fight for Proper Antimicrobial Therapy. Surg Infect (Larchmt). 2017 Nov/Dec;18(8):843-845.
  4. Allegranzi B, Zayed B, Bischoff P, Kubilay NZ, de Jonge S, de Vries F, Gomes SM, Gans S, Wallert ED, Wu X, Abbas M, Boermeester MA, Dellinger EP, Egger M, Gastmeier P, Guirao X, Ren J, Pittet D, Solomkin JS; WHO Guidelines Development Group. New WHO recommendations on intraoperative and postoperative measures for surgical site infection prevention: an evidence-based global perspective. Lancet Infect Dis. 2016 Dec;16(12):e288-e303.